Libertà e inazione


Che cosa significa essere liberi? Vi è sicuramente una libertà da qualcosa, l’assenza di impedimenti a portare a termine un’azione o un progetto che si è preventivamente deciso di realizzare. È questa la stessa libertà che si attribuisce ad un sasso quando diciamo che è “in caduta libera”. Ma può un sasso essere libero? È molto riduttivo limitare la libertà solo all’ultima fase del processo decisionale. Ci vuole invece il coraggio di domandarsi: “quanto è libera la mia scelta?” La libertà di scelta – la più importante – non consiste tanto nel vincere gli ostacoli esterni al compimento delle decisioni, quanto piuttosto nello sganciarsi dai condizionamenti che hanno influenzato quelle decisioni. La più grande minaccia alla nostra libertà non è fuori, ma dentro di noi. Chi, nei tempi moderni, ha svuotato la democrazia di ogni significato lasciando una formale libertà di scelta ma condizionando la visione del mondo di popoli interi attraverso il controllo capillare delle coscienze esercitato dai mezzi di comunicazione di massa, ha ben capito questo concetto...
(Leggi tutto l'articolo su www.meditare.it)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Bisogna comunque evidenziare che per ogni comportamento c.d. libero segue una compressione di un altrui libertà o meglio spazio d'agire.La libertà sia essa d' opinione,d'azione o di "distorsione" va valutata alla stregua di un modello generale in cui le "singole" libertà ben si dovranno almagamare,altrimenti si scadrebbe una piena libertà individuale,che non darebbe soddisfazione alcuna,in quanto non potrebbe essere riproposta all'esterno,poichè ognuno si considererebbe una "monade",comprensiva del vero concetto di libertà.
Alessandro Merlini

alessandro cordelli ha detto...

...è giusto. Per questo la libertà non deve essere pensata in maniera riduzionista, come una somma di libertà individuali; quanto piuttosto una proprietà emergente, un aspetto complesso del sistema formato dagli uomini in relazione tra loro e con l'ambiente biologico e non in cui l'umanità è immersa.
Grazie per il commento.

A.C.

Anonimo ha detto...

Ma la proprietà "collettiva",forse meglio non individualizzata la si potrebbe avere solo rompendo il patto sociale?Si dovrebbe tornare al mito del buon selvaggio?Allo stato di natura in cui gli uomini riuscivano a compenetrare le loro esigenze,sempre che cio' sia mai avvenuto!L'ambiente oggi forse viene individuato solo in relazione ad un "essere" astratto che "soffre" a causa della deturpazione umana,ma l'ambiente non dovrebbe più giustamente identificarsi in un concetto concreto unitario,il più possibile fruibile a tutti i consociati anzichè in un luogo "metafisico".

Alessandro Merlini

alessandro cordelli ha detto...

Indubbiamente ogni volta che si pensa a come trasferire principi generali alla situazione concreta ci si imbatte in problemi di ogni tipo. L'idea che mi sono fatto è però che (a dispetto di ciò che è accettato nella mentalità comune) noi non viviamo nel migliore dei mondi possibili, e che vi sono possibilità inesplorate in cui il benessere materiale e la stabilità sociale delle civiltà "evolute" è compatibile con la profondità spirituale e la mancanza di alienazione tipiche di altre culture. Più in generale, è il principio del terzo escluso a dover essere abbandonato in una realtà complessa, per cui di fronte a una scelta che implichi rinunce gravi e laceranti è sempre possibile il superamento dialettico della scelta stessa.
Riguardo all'ambiente, poi, è giusto non considerarlo come una astratta entità, disgiunta e separata dall'uomo. Piuttosto, è valore ambientale tutto ciò che comporta autentica crescita in armonia di un tutto organico nei vari piani: fisico, relazionale, emotivo, spirituale...