Homo

Che cos’è, alla sua ultimissima radice, l’uomo? Una rete di convinzioni, credenze, condizionamenti che forma per ogni individuo un sistema unico di schemi di reazioni e di comportamento. La razionalità, come limitazione, è obbedire a tale schema, cosicché ogni mio atto sia leggibile dagli altri. Rompere uno schema è sempre adottare un altro schema; in questo senso la razionalità è una gabbia dalla quale non si può fuggire. Anche il pazzo, anche l’animale hanno i loro schemi. Dunque, se per fuggire da uno schema devo cadere in un altro, allora non c’è speranza per l’uomo, perennemente schiavo di quella materia da cui è fatto e delle sue leggi. Non esiste irrazionalità, ma solo logiche diverse dalla nostra, schemi che non riusciamo a capire, e dalla razionalità non si sfugge. Eppure l’implacabile razionalità limitante dei comportamenti umani può essere trascesa. Sì, la negazione della necessità razionale non è l’irrazionalità, ma la trascendenza. Con distacco e concentrazione, educando il mio pensiero alla consapevolezza, posso giungere a riconoscere i moti della mia mente e le sollecitazioni che li inducono e le radici delle mie reazioni, proprio come vedo e capisco i movimenti del mio corpo.
E dunque, dire “io sono così”, oppure “in quest’altra maniera” è pura illusione. Quello che a noi sembra immutabilmente stabile è fugace e impermanente come i mulinelli nell’acqua di un ruscello. Io posso cambiare – e di fatto cambio – continuamente nel tempo, e anche nel medesimo istante persone diverse mi percepiscono diversamente, e il modo in cui io percepisco me stesso è diverso da come un altro mi percepisce, e non c’è nulla che permetta di stabilire che dei due ha ragione.
Eppure vi è una profondissima radice del mio essere, nel buio e nel silenzio, che rimane uguale a sé stessa nel tempo, non perché sia perpetua, ma perché non appartiene al tempo. Un luogo/non-luogo che è prima del mio corpo, dei sensi, del pensiero; indifferente alla vita e alla morte, su di esso si appoggia ora tutta la mia esistenza, ma nulla scalfirà la sua immutabilità quando la complessa rete di relazioni che sostiene il mio corpo perderà irreversibilmente la propria correlazione. Questa profonda radice è di ogni uomo, ma solo pochi la riconoscono e vi si appigliano per innalzarsi al di sopra dei propri schemi ed esercitare la trascendenza. È solo lì che va ricercata la verità dell’uomo; una verità che non è psicologica né antropologica, ma pura e sublime verità metafisica. È solo lì che ogni uomo dovrebbe trovare rifugio, e così magari anche la sua dimensione storica e pragmatica sarebbe più soddisfacente. Lì, dove si può solo stare, perché né il pensiero né tantomeno l’azione vi possono essere accolti.
Il prezzo da pagare per essere individuo in questo mondo è distinguersi dal tutto: per essere io, io devo negare tutto ciò che nell’universo non è io. Ma in quella assoluta profondità una tale lacerazione non è richiesta, e il mio essere e l’essere del tutto sono uno, e io sono persona allo stesso modo in cui Dio è persona.

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