Sull’individuo


“Io” non mi appartengo. Se penso a che cosa è ciò che intendo con il pronome “io” mi accorgo che si tratta di una manciata di atomi organizzati secondo leggi proprie della natura. Tanto la materia prima che si aggregasse nella mia persona quanto le leggi secondo cui si è aggregata esistevano dall’inizio del tempo come caratteri e proprietà dell’intero universo. Per un fugace attimo una delle infinite (ma non illimitate) possibilità dell’essere si è incastrata nel gioco di altre relazioni realizzando una struttura in grado di auto-attestare la propria esistenza. Se – come sosteneva Platone – la realtà fosse una collezione di idee immutabili a cui si conformano le copie materiali, allora avrei diritto di reclamare una individualità per me stesso, permanente eppure limitata. Ma se l’Essere è un oceano di pura possibilità che gratuitamente permette il sorgere e il trasformarsi di innumerevoli strutture obbedienti a logiche profondissime, allora io sono qualcosa di più: il prezzo da pagare è la perdita di una illusoria individualità, ma il guadagno è grande: io sono da sempre e per sempre l’universo stesso in uno dei suoi modi più evoluti, un modo cosciente...
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