Per sua stessa essenza e definizione la meditazione è senza scopo. Meditare con un fine è una contraddizione. Molte persone invece si rivolgono alla meditazione nella ricerca di un sollievo per il loro profondo male di vivere, o addirittura per guadagnare una calma e capacità di concentrazione che – ritengono – possa permettere loro di diventare più efficienti in tutte quelle attività il cui fine ultimo è il denaro e il successo personale. Niente come l’efficienza è più lontano dallo spirito della meditazione. Malgrado ciò, è innegabile che chi affronta il difficile cammino della ricerca dell’Assoluto nelle profondità del proprio essere cambi, e che gli si schiudano possibilità che prima non aveva. In fondo è proprio questo il più grande obiettivo che si raggiunge nell’attività meditativa: fare qualcosa senza un obiettivo, o meglio, non fare proprio, liberandosi dalla schiavitù dell’agire finalizzato, del competere, del dover dimostrare agli altri quanto si è bravi (“trovare l’inazione nell’azione e l’azione nell’inazione”, dice la Bhagavad Gita).
Dico questo perché anch’io ho potuto sperimentare un cambiamento interiore associato con la pratica, ma non si tratta di qualcosa di astratto e generico, bensì di strettamente legato all’esperienza personale quotidiana. Infatti, il miglioramento dell’essere all’interno della propria situazione esistenziale e la visione meno frammentata che conseguono ad un aumento della consapevolezza, ricadono come lievi gocce di balsamo profumato nei particolari contesti in cui ognuno vive e opera. Perciò, volendo raccontare la mia esperienza in merito, tutto quello che posso fare è portare una piccola testimonianza di come la meditazione abbia cambiato la mia attività, che nello specifico è l’insegnamento...
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1 commento:
good start
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