Fukushima


L'attuale dibattito sull'energia nucleare scopre aspetti che vanno ben oltre la questione tecnica se per l'Italia sia conveniente o meno imboccare quella strada, a 25 anni da Chernobyl e a pochi mesi da Fukushima. Gli esperti ci tranquillizzano e la gente è favorevole, poi accade un disastro e la gente ha paura; gli esperti continuano a tranquillizarci. Chi sbaglia? Da una parte l'istintivo senso di terrore, ancestrale, verso una forza fondamentalmente ostile e aliena, un mostro in catene che mi guarda minaccioso e dal quale mi separa una gabbia robusta, sì, ma che per qualche motivo a me ignoto potrebbe forse cedere. Dall'altra i tecnici, gli esperti, vere figure di sommi sacerdoti del nostro misero tempo che fa un vanto di essersi staccato da ogni forma di superstizione ma che di fatto vive immerso nella magia (che cos'è infatti la magia se non formule comprensibli solo agli iniziati, formule efficaci nel cambiare la realtà, a cui il popolo guarda con timore e speranza?). Gli iniziati si difendono dietro una cortina di termini incomprensibili, danno per buoni aspetti "che tanto noi non potremmo capire perché troppo tecnici", supportano le loro argomentazioni con dati che noi non potremo mai verificare ma che dobbiamo accettare perché diffusi da agenzie serie e credibili; ma le agenzie non sono forse fatte di donne e uomini? E chi conosce personalmente almeno uno di questi uomini e donne da poter concordare sulla base del suo personale giudizio che effettivamente l'agenzia che ha fornito i dati è seria e credibile? Ancora una volta, una cultura morente chiede all'individuo di accettare che un modello prenda il posto della realtà. Non si tratta del modello della società perfetta, come ai tempi dell'Unione Sovietica, ma di un modello di produzione tecnologica. Progetti, studi, procedure, certificazioni di qualità... il modello della centrale perfetta, che non si rompe, che non inquina, che è come se non ci fosse, che ti accorgi che c'è solo perché alle prese di corrente di casa tua arriva energia elettrica, quanta ne vuoi e che non costa quasi nulla. Poi il mostro che rompe le sbarre, la realtà che si fa beffe dei modelli. Chi era convinto di avere previsto tutto si accorge che aveva previsto quasi tutto. Poi campi avvelenati a perdita d'occhio, villaggi abbandonati, bambini malati. Che cosa chiede una cultura morente all'individuo? La sua stessa vita. Io sono un farmacista di Chernobyl, io sono un commerciante di Fukushima; nel tempo di un telegiornale mi è crollato il mondo addosso, e niente sarà più come prima.

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