I due termini, “meditazione” e “tecnica”, compaiono spesso appaiati, ma sempre nella locuzione “tecnica di meditazione”. La tecnica quindi, intesa come insieme coordinato di operazioni (attenzione al respiro, mantra, ecc.) volte al raggiungimento di quel particolare fine che è lo stato meditativo. Non è però questo l’aspetto che voglio discutere... (Leggi tutto l'articolo su meditare.it)
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2 commenti:
La meditazione, quando diventa volontà di assoluto o ricerca della pace interiore o si pone come scopo il distacco o l’incontro con Dio o una qualche sottile sensazione di benessere, diventa un paradosso (cioè un qualcosa di contrario alle aspettative). E diventa contraria alle aspettative proprio perché ha delle aspettative. Lo scopo di non aver scopi è l’antinomia che corrode alla base ogni tentaivo di approccio razionale alla meditazione.
Si deve meditare perché non c’è nient’altro da fare, perché meditare è l’unica risorsa che abbiamo per continuare a vivere: questo è tutto ciò che si può dire, il resto è letteratura.
...l'unione con Dio è oltre i fini, è un compimento. E la meditazione è oltre il dovere e la volontà, è la modalità che nella nostra presente situazione esistenziale abbiamo di avvicinarci all'Essere. Vi sono possibilità contingenti che scegliamo come fini e poi vi è la perfezione del nostro essere finito, ritengo quest'ultima sia meditazione; l'uomo non tende all'Assoluto perché lo vuole, ma perché per questo è stato creato.
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