Non ho bisogno di un nemico in cui specchiarmi, per riconoscere me stesso. Con tutto ciò, è così difficile riconoscersi, sepolti come siamo dalle emozioni. Le emozioni sono tutta la nostra vita psichica, o almeno la ricoprono completamente. Eppure c’è un livello al di sotto delle emozioni in cui possiamo vederci in una maniera più vicina alla verità. Lì è lo specchio migliore, comunque il migliore specchio a cui possiamo aspirare. Le emozioni colorano la vita al prezzo di spostare i punti di vista sui fatti in base ai valori che sono in quel contesto predominanti, in ciò abbiamo uno specchio che deforma la realtà e l’immagine di noi stessi. Vi sono poi emozioni talmente forti da curvare lo specchio fino al punto da trasformare le immagini che riflette in incomprensibili macchie di luce. A tali emozioni non è possibile resistere; esse sono quelle che più direttamente incarnano le forze oscure dell’inconscio: il desiderio sessuale, l’ira contro qualcun altro e (presumo, non avendola per mia fortunata mai provata) la depressione, così forte da condurre al suicidio.
Che cosa vede in quello specchio il suicida nell’ultimo minuto della sua vita? L’uomo è l’unico animale in grado di suicidarsi, e si pensa usualmente che ciò sia dovuto alla complessità della mente umana, alla sensibilità e profondità di ragionamento che gli altri animali non hanno e che – quando si avvita su sé stessa – può portare alla follia. Il punto non è questo. Piuttosto, l’uomo è il più addomesticabile tra tutti gli animali, le direttive che riceve nell’infanzia rimangono come dettami inderogabili inscritti nel superego. Anche lì vi è uno specchio, uno specchio malvagio e mortale che rimanda immagini di un tempo lontano ma ancora dolorose e attuali. Io penso che la fine di ogni suicida sia il tragico esito di un copione scritto molti anni prima, quando un bambino capì che avrebbe fatto felici i suoi genitori solo togliendosi di mezzo.
L’uomo è corpo, ma quello stesso corpo che gli permette di esserci nel mondo è anche il muro invalicabile che lo separa dalla coscienza cosmica, dalla Verità del Tutto, dalla conoscenza non mediata dalla ragione, e per questo motivo egli è condannato a vedere sé stesso e il mondo solo per mezzo di specchi. Quando si riconosce un tale stato di cose si capisce come molta parte di ciò che occupa il nostro tempo e le nostre energie non abbia poi una così grande importanza rispetto alla ricerca di uno specchio sempre più pulito e meno deformato in cui guardare noi stessi e il mondo.
L’uomo è corpo, ma quello stesso corpo che gli permette di esserci nel mondo è anche il muro invalicabile che lo separa dalla coscienza cosmica, dalla Verità del Tutto, dalla conoscenza non mediata dalla ragione, e per questo motivo egli è condannato a vedere sé stesso e il mondo solo per mezzo di specchi. Quando si riconosce un tale stato di cose si capisce come molta parte di ciò che occupa il nostro tempo e le nostre energie non abbia poi una così grande importanza rispetto alla ricerca di uno specchio sempre più pulito e meno deformato in cui guardare noi stessi e il mondo.
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