Libera scuola


Quello che nei primissimi mesi di vita di un individuo viene iniziato all'interno della famiglia, è ben presto demandato al sistema scolastico. L'uomo - come le formiche - è incapace di vivere se non all'interno di un contesto sociale, e i nuovi individui vengono addestrati a seguire tutti quei comportamenti che permetteranno la prosecuzione del vivere civile. In tutto ciò non vi è nulla di male; l'adattamento non significa necessariamente perdita di libertà, ma anzi può essere realizzazione delle istanze più profonde, come sono quelle rivolte alla socialità per l'homo sapiens. Il punto è semmai che guardando al sistema educativo si può capire il carattere di una civiltà. Una civiltà stanca, disillusa, cinica, non dà ai propri giovani se non l'indicazione di giocare in rimessa. Io vedo un sistema scolastico per molti versi autoreferenziale, ma anche la scuola come unica speranza di una società che sembra aver perso totalmente la propria autostima.
La dinamica all'interno della scuola è troppo spesso del tipo nozione-giudizio. Procedimenti verticali per la risoluzione di particolari problemi, che non nascono dal mondo dello studente ma vengono imposti artificialmente, costituiscono la base su cui un rigido sistema valutativo formula giudizi che troppo spesso sono rivolti alla persona piuttosto che allo specifico compito assegnato. È comprensibile che l'allievo avverta un disagio che in qualche caso si manifesta come ansia per un modello giudicante che ripropone devastanti dinamiche genitoriali, mentre altre volte è aperta svalutazione e rifiuto dell'istituzione scolastica: la scuola viene presa troppo sul serio o troppo poco. Quegli stessi studenti che denunciano insoddisfazione nei confronti della loro condizione sono però ad essa perfettamente adattati (secondo la modalità dell'obbedienza o secondo quella complementare della ribellione), per cui dimostrano un disagio ben più grande di fronte ad ogni concreta prospettiva di uscire da quei binari che consentono loro di cullarsi indefinitamente in una comoda sofferenza o di manifestare al mondo una gratificante insofferenza.
Un cambiamento è auspicabile e possibile. Auspicabile perché quello in cui viviamo è ben lungi dall'essere il migliore dei mondi possibili e solo agendo sulla scuola possiamo migliorarlo. Possibile perché la dinamica nozione-giudizio può essere rovesciata favorendo in tal modo l'autentico sviluppo delle potenzialità dell'individuo. La strada per tale cambiamento è una didattica che favorisca la creatività piuttosto che il nozionismo e la padronanza delle procedure, forme di pensiero laterale che vanno incoraggiate attraverso una valutazione che non sia più semplice misurazione, ma che riesca a cogliere gli aspetti autenticamente umani (quello cioè che non potrebbe essere svolto da un computer) nella produzione degli studenti. Affrontando un problema non è necessariamente un male lasciarsi distrarre da osservazioni fatte da prospettive inusuali e ricevere in dono quello che in effetti non stavamo cercando, scoprire una pluralità di insospettati sentieri divergenti, e magari accorgersi che la strada su cui ci si trova è già essa stessa la meta.

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