La sedia vuota


Che differenza c’è tra una sedia e una sedia vuota? Se ci atteniamo solo a quello che possiamo oggettivamente dire di essa, nessuna. Se però teniamo conto del contesto in cui la sedia è inserita allora diventa facile rispondere; la sedia su cui ci aspetteremmo di trovare qualcuno – per esempio il posto che solitamente occupa mia moglie a tavola – è una sedia vuota, la stessa sedia nella vetrina di un negozio di mobili è semplicemente una sedia.
Le stesse considerazioni valgono per gli interrogativi che l’uomo si pone riguardo a Dio. Usando i mezzi della ragione non potremo mai scoprire i tratti del volto di Dio (di fatto è solo attraverso la Rivelazione, quando Dio parla all’uomo e dice qualcosa di sé, che una tale conoscenza diviene possibile), ma “con le nostre forze” siamo tuttavia in grado di riconoscere l’assurdità di un mondo senza Dio (la sedia vuota), e trovare così la fondamentale motivazione a rivolgere uno sguardo pensoso e carico di attesa verso l’infinito. È questa la base comune di tutti i percorsi di ricerca spirituale, il punto di partenza senza il quale non si riuscirebbe a capire come mai il fenomeno religioso è così universale da essere presente in tutte le culture di tutti i tempi, dalla più remota preistoria fino ai giorni nostri.



4 commenti:

Anonimo ha detto...

la sedia vuota..bellissima raffigurazione.
premettendo che non volgio fare del cinismo (semplicemente sto iniziando il mio percorso verso la luce, quidni devo liberarmi di questa nebbia e di questo buio che a volte mi attanaglia) ma questo irrefrenabile desiderio dell uomo di colmare il vuoto causato dall'assenza di risposte non potrebbe essere solo un unica grande aspettativa?anzi quasi una convinzione..che in realtà si rivela essere un auto "proiezione"? quante "proiezioni" creiamo?tantissime! per proiezione chiamo una realtà che nella realtà non c'è..ma che sentiamo come se fosse vera.. le "nostre forze" non sono le proiezioni? mettiamo il caso che io assegni un posto nel mio cuore ad una persona, perchè vorrei che fosse lì, ma quella persona in realtà non c'è, anche se sono convinto che nel corso della mia vita ci sarà..in quel momento anche se quella persona non corrisponde i miei sentimenti, per me è come se ci fosse, uno si sente cambiato. Non solo sente, lo è proprio! poi passa il tempo, arrivi alla fine e non succede, la persona che ti interressa sposa un'altra.. Anzi, complichiamo la situazione: la persona che voglio muore. Resto comunque convinto del fatto che fosse la persona giusta, che se non fosse morta staremmo insieme. Ora cerchiamo di ribaltare questa strampalata :)situazione al caso che ci interessa. Apro il mio cuore a Dio, seguo la sua parola(i valori cristiani sono quelli della società moderna), mi sento cambiato, poi accade un fatto terribile e inspiegabile: un terremoto nel quale perdono la vita molte persone, anche bambini. [e questo fatto corrisponde alla situazione traumatica, che ho riportato sopra, della morte (situazione irreversibile) o comunque del matrimonio con un'altra persona] Ora come ne esco? Come se ne esce un cristiano?ritorna alle proiezioni. Il desiderio di risposta è così forte che anche dopo essere stato messo in mezzo alla tempesta ritorna, inconsapevolmente, al porto sicuro..a quelle convinzioni..autoproiezioni.. M.S.

alessandro cordelli ha detto...

...è vero, per questo motivo il cercatore deve essere spietato con sé stesso, più cinico e dissacrante dell'ateo "professionista"; solo chi riesce a fare realmente a meno di Dio può sperare di intravedere barlumi di autenticità dell'Assoluto, anziché annusare il tiepido fetore dell'autoinganno. Io rovescerei l'usuale prospettiva per cui il credente è un pavido che non sa vivere nel mondo senza la protezione (immaginaria) di un super-genitore. Piuttosto egli è (dovrebbe essere) quello che ha il coraggio di accettare il mistero di un universo che si estende nel mistero oltre le usuali conosciute dimensioni dello spazio, del tempo e della razionalità.
Grazie per il tuo commento.

A.C.

Anonimo ha detto...

Egregio professore, il suo intervento ci pone davanti ad una questione assai rilevante nel pensiero occidentale ed in parte concordo con le sue osservazioni. Come lei giustamente sostiene attraverso i mezzi della ragione non potremo mai scoprire i tratti del volto di Dio. Giustissima osservazione, in quanto entriamo nel complesso campo della fede, che non ha niente a che vedere con la ragione, visti i paradossi e le assurdità a cui va incontro. Mi sto riferendo all'attenta analisi del tormentato Kierkegaard sulla figura di Abramo, analisi in cui entra in gioco l'angoscia e persino la disperazione qualora l'uomo non riesca a trovare la fede. Quindi al vero credente si apre la vita religiosa, che contrasta per cetti aspetti la vita etica, sempre legata all'ambito umano e razionale. A questo punto però mi trovo a dissentire sulla sua affermazione secondo la quale "con le nostre forze" siamo tuttavia in grado di riconoscere l'assurdità di un mondo senza Dio. Non concordo. Assumendo una posizione scettica dai risvolti agnostici, dobbiamo oggettivamente riconoscere che le nostre forze siano i mezzi con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. Mi riferisco ai cinque sensi e, se proprio vogliamo, anche all'utilizzo della ragione. Come Descartes già ci insegna i sensi sono spesso fallaci; ma l'esperienza empirica di Hume (la scelta dell'autore non è casuale in quanto non assume posizioni riguardo a Dio, differentemente da Locke e Berkley) d'altronde ci dice che noi conosciamo solo attraverso l'esperienza sensibile. Affidandomi ad essa posso vivere tranquillamente, in quanto, affrontando agnosticamente qualsiasi esperienza esistenziale, non vedo le assurdità e contraddizioni di un mondo creato da un Dio "buono" ed "onnipotente" che ha permesso la Shoah (l'esempio è indicativo, ma serve a far capire bene il concetto). L'ateo cinico potrebbe appunto rispondere che se esistesse un Dio allora dovrebbe dare qualche giustificazione alla sua negligenza. Un giudizio del genere è dovuto ai mezzi umani che abbiamo a disposizione.Secondo la nostra logica umana una divinità impassibile di fronte alla Shoha o non esiste, o non è onnipotente o semplicemente è sadica. Il buon cristiano risponderebbe alla provocazione dicendo che le vie del Sigore sono misteriose, casomai rifacendosi ad un disegno provvidenziale di manzoniana o giansenista memoria a noi incomprensibile, oppure citando il libero arbitrio che ha portato Hitler a commettere uno sterminio. In realtà torniamo al punto di partenza. Proprio perchè la natura (oppure Dio a seconda di chi crede o no) ci ha provvisti di questi mezzi limitati, noi attraverso di essi non possiamo pronunciarci riguardo ad un'essenza divina, che rasenta nel campo metafisico. L'assurdità di un mondo senza Dio è meno assurda nel pensare all'esistenza di un Dio contraddittorio. Ma non voglio fare il serpente che si morde la coda, ritornando all'osservazione dell'ateo e poi a quella del credente. Ciò che intendo dire è espresso in una celebre frase di Dostoevskij: "tutto è possibile in un mondo senza Dio". La frase è stata ripresa da Sartre, che ne ha fatto il baluardo della sua filosofia esistenzialista. In un mondo senza certezze, dove la prima grande incertezza è l'esistenza di un ordine a cui presiede un Dio, l'uomo è libero di scegliere come determinarsi. Seguire i comandamenti di una religione, che potrebbe anche rivelarsi errata o falsa, è un freno all'autodeterminazione umana. Con questo commento non voglio assumere una posizione atea, ma quella agnostica di chi, sospendendo il proprio giudizio sulla questione teologica, vive serenemanete su questa terra senza vedere alcuna assurdità nel mondo, raffidandosi all'esperienza delle "sole nostre forze". La ringrazio dell'ascolto e le auguro una buona giornata. U.D.

alessandro cordelli ha detto...

Innanzitutto grazie per questo commento assolutamente chiaro e di grande spessore.
So che la possibilità di un accesso razionale all'esistenza di Dio è un tema da sempre controverso, contestato sia dal fronte dei credenti (fideismo) che degli agnostici come lei. Né voglio in questa mia breve risposta ribadire cose già dette o tentare di confutare la sua posizione che di fatto ha ha una sua coerenza logica. Il punto è proprio questo: le nostre rappresentazioni del mondo hanno un orizzonte, qualsiasi cosa si trovi al di là di esso (se pure vi è qualcosa) non ricade nell'ambito di ciò che usualmente denotiamo con il termine "conoscenza". Per questo motivo parlo di una sedia vuota (cioè un'assenza) e non di una evidenza razionale - o peggio di una deduzione - dell'esistenza di Dio.
Il dato sensibile interpretato per mezzo del ragionamento deduttivo o probabilistico non è l'unico modo in cui si può acquisire consapevolezza della realtà. Vi è anche un momento intuitivo, una esperienza profonda e personalissima, il modo in cui siamo quando realizziamo che qualcosa di detto o pensato è vero. È in tale ambito che si forma la visione del mondo di ognuno di noi, ma è un percorso difficile e senza scorciatoie. Certo, posso accontentarmi del devozionismo cattolico dei miracolati di Padre Pio o di quello laico di Odifreddi, ma nel mio intimo so che mi sto ingannando.
E la ragione, in tutto ciò? Lo ribadisco, la ragione è un ausilio ma non la strada. La ragione può solo mettermi di fronte all'insufficienza logica della realtà, alla sedia vuota; da lì in poi io e soltanto io scelgo se fermarmi o avventurarmi in un mare di silenzio verso terre imprevedibili.