Scritte sui muri (riflessioni in prospettiva teologica...)


Gli zelanti fedeli che scrivono “Dio c’è” sui cartelli dell’autostrada o sui muri delle case forse sarebbero costernati se qualcuno dicesse loro che bestemmiano. La parte blasfema del devoto messaggio è la particella “ci” posta davanti all’affermazione di esistenza. Di fatto, l’esserci è il modo in cui esistono le cose, ciò che vive nello spazio e nel tempo. Un albero, una casa, una galassia ci sono, ma Dio? È un’assurda pretesa ritenere di poter dire alcunché sul Principio creatore dell’intero universo, ma la razionalità umana – specchio della più generale razionalità del mondo – ci porta comunque a riconoscere quello che Dio non può essere: un qualcosa. Riconosciamo l’esistenza delle cose dalle loro limitazioni, dal non essere altro da sé, dalla loro persistenza nel tempo, dalle loro relazioni spaziali; come potrebbe allora un qualcosa creare il tutto e al tempo stesso farne parte? Essere dentro il tempo ma preesistere al tempo? La terza via tra il nulla e il qualcosa è la pura esistenza, illimitata forza generatrice, ineffabile poiché infinita. L’uomo può avere una vaga intuizione di questo sconfinato oceano di Essere nella misura in cui riesce a distaccarsi dal molteplice e dal contingente apprezzando la profonda unità della natura di cui egli è parte, ma anche rendendosi consapevole della sua esistenza nel livello che precede ogni manifestazione sia fisica che mentale, vale a dire la sua parte divina (forse quello che intendeva l’autore sacro dicendo “a Sua immagine”). L’avventura terrena è una preziosa occasione offerta all’uomo per entrare in contatto con la verità del proprio essere e acquisirne la consapevolezza. Che poi l’individualità coincida con la manifestazione materiale (e quindi la vita attuale sia l’unica opportunità per realizzare quella perfezione a cui siamo chiamati) oppure no (e quindi siano possibili più avventure per la stessa scintilla di coscienza nel ciclo illimitato del samsara) è una questione che né il ragionamento né l’esperienza possono aiutarci a dirimere.
Precipitando all’interno di sé stesso l’uomo entra in contatto con la possibilità dell’illimitato, che è luce divina, la più grande ricchezza a cui possa aspirare. Un infinito fuori, dunque, e un infinito dentro. In mezzo una strozzatura, un fragile occhiello attraverso il quale il mondo plasma la mente e la mente influenza il mondo; non è forse questa l’essenzialità dell’essere umano?

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