La scuola come luogo di potere


La scuola è un luogo privilegiato per osservare le dinamiche di potere nelle relazioni umane. Non nel senso che la scuola sia crocevia dei grandi poteri che nella nostra società hanno ormai ben poco a che fare con la cultura; piuttosto come rappresentazione di una caratteristica universale, quella dei giochi di potere. Nella sua accezione negativa il potere è far fare ad un'altra persona quello che lui o lei non vorrebbe fare, cioè manipolare gli altri. Lo strumento di tali dinamiche sono i giochi di potere. Vi sono molti tipi di giochi di potere. Alcuni sono giocati da una posizione dominante nei confronti di un subordinato. È la coercizione. Quando l'insegnante usa il voto o il rapporto disciplinare per ottenere dalla classe un timoroso apparente rispetto che ha diversi vantaggi: non essere messi in discussione, non dover ricalibrare e aggiustare le linee di lavoro decise una volta per tutte, il senso di sicurezza insito nell'essere temuti e nel vedere gli altri dipendenti da noi.
Ma vi sono giochi forse anche più duri giocati da posizione subordinata, giochi "di guerriglia", i giochi mediante cui gli studenti esercitano il loro potere nei confronti degli insegnanti. Nella guerriglia un combattente più debole interferisce in maniera sistematica con gli obiettivi della parte avversa, riuscendo molte volte a neutralizzarli. Ciò accade quando la classe è indisciplinata, l'insegnante viene contestato, le iniziative vengono boicottate, il lavoro viene svolto male e si copia nelle verifiche. Alla fine l'insegnante avrà pure tirato diritto per la sua strada, ma si sentirà frustrato e deluso.
Io credo che i tempi siano maturi per espellere dalle aule scolastiche le dinamiche basate sul potere. In qualsiasi relazione sociale se un individuo ha dei desideri, aspettative, esigenze che altri possono soddisfare, è bene che impari a chiedere piuttosto che cercare di manipolare l'altro. Io rifiuto di subire i giochi di potere dei miei studenti, ma per ottenere ciò sono ben consapevole del fatto che io per primo devo rinunciare ad esercitare il mio potere nei loro confronti, esponendo le mie esigenze ed ascoltando le loro per provare a costruire insieme un'esperienza che sia per tutti quanti della massima soddisfazione, sia dal punto di vista della conoscenza acquistata che dei rapporti tra persone. Per dirla con le parole di Claude Steiner: "L'uso dei giochi di potere in una relazione rappresenta una situazione in cui due persone che desiderano qualcosa l'una dall'altra sono disposte a sostituire ciò che desiderano con la sensazione di essere dominanti, almeno temporaneamente. I giochi di potere non conducono alla soddisfazione né all'uguaglianza, ma portano sempre a perduranti o crescenti situazioni di superiorità/inferiorità. Quando si vince per mezzo del potere, l'appagamento sta nel senso di sicurezza che dà l'avere il controllo della situazione. Ma il controllo o il potere non sono di per sé soddisfacenti: nessuna quantità di potere o di controllo potrà soddisfare pienamente le esigenze di un essere umano. La soddisfazione deriva dall'avere a sufficienza ciò di cui si necessita veramente - cibo, abitazione, spazio, carezze, amore e tranquillità. Il modo per arrivarci non sono i giochi di potere ma la collaborazione".

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